MATRIMONIO SECONDO LO SPIRITO
QUANDO PREGARE, QUALE SCELTA DI VITA
Perché pregare? Cosa si pensa sia la preghiera? Pregare non è ripetere una formula, anche se è significativo recitare le preghiere perché manifestiamo sempre e comunque un cuore che vuole rivolgersi al Signore. Però questo modo di pregare può diventare un fatto meccanico o quasi.
Un elemento frequente che sentiamo dire è la difficoltà del pregare, con la scusa di dire: “Non ho tempo per pregare”. Si corre tutto il giorno per il lavoro, stando con gli amici, a fare le faccende di casa e non trovo il tempo da dedicare a Dio: qui vorrei chiedere quanto tempo si dà alla TV, oppure quanto tempo date alle conversazioni varie.
Altra difficoltà: questa, che colloca la preghiera alla sera quando si è stanchi. Vedete, qui dipende solo da che cosa si pensa della preghiera. Se la preghiera non è una cosa importante, finisce per essere fatta alla sera e in qualche modo.
Altra difficoltà sono le distrazioni, la fatica a concentrarci perché la vita di casa è continuamente disturbata dalle cose che accadono: telefono, lavatrice, i figli, ecc.
Poi si pensa automaticamente che lavorare è preghiera: vi ricordo subito che solo chi dedica tempo a Dio può trasformare tutto ciò che fa in preghiera. Se si è pregato molto, allora si riesce a tradurre il lavoro in preghiera. Pregare è fermarsi e concentrarsi un po’ su quello che si sta facendo.
Da tutte queste cose nasce l’esigenza di chiarire bene sul che cosa è la preghiera, perché è proprio dal suo conoscerla che ci fa imboccare la strada giusta, mentre il non conoscerla ci fa fare esperienze sbagliate senza significato.
Allora, se pregare non è recitare delle formule, dire delle parole, chiedere, ecc., allora che cos’è pregare? Pregare è avere un “Tu” con il quale condividere la vita, è avere un “Tu” che è al di sopra di tutti gli altri “tu” della vita, marito, moglie, figli, ecc., è avere un “Tu” principale per il quale fare riferimento su tutto, è il “Tu” dal Quale mi sento amato per sempre e in modo unico.
Se questo “Tu” non occupa il primo posto nella nostra vita, non c’è preghiera: è il “Tu” che mi ha pensato prima della creazione del mondo, è il “Tu” che mi sta amando anche in questo momento, anche se io non lo seguo. Pregare è rispondere a un “Tu”, è lasciarsi amare, è ascoltarLo, adorarLo, è chiedere. Ma attenzione: non è “Tu” lontano dalla nostra vita, da dover risvegliare perché mi senta…, no! Sei tu che sei addormentato: Dio era lì, ti ama come figlio unico.
Il Signore non è un “Tu” che vuole riscuotere la tassa della preghiera, non è un “Tu” da tenersi buono perché non si sa mai nella vita, no! È un “Tu” presente e preciso, è un “Tu” che in certi momenti della vita ho riscoperto mentre attraversavo qualche periodo difficile. Questo “Tu” mi sta a dire che il cielo sopra di me mi attende.
Io faccio fatica ad identificare questo “Tu”, però non posso negare che dentro di me è presente il bisogno e il desiderio di conoscerLo, di ascoltarLo. Attenzione: se la preghiera è mettermi in contatto con un “Tu” che mi ama, sono obbligato a lasciarmi amare e a riconoscerLo quando mi parla, allora è importante riconoscerLo questo “Tu”, e chiamarLo per nome, perché chiamandoLo per nome scopro chi sono io.
Cioè, il ”Tu” che ho davanti mi fa capire chi sono io: è parlando con mia moglie che mi fa capire, che capisco di essere marito/moglie: è parlando con il papà che capisco che sono figlio, ecc.
Ecco, accade come nella vita comune di tutti i giorni: nella misura in cui io costruisco una relazione profonda con mia moglie/marito, cresce in me in maniera forte e radicata la coscienza di essere qualcuno, cioè divento me stesso.
Provate a pensare: crescendo in famiglia accanto al papà e alla mamma, questo ci ha fatto diventare noi stessi e la mamma è diventata mamma e il papà, papà. Ecco, con la preghiera scopro il dono di essere in relazione con un Papà e questo mi fa sentire pienamente figlio: quindi, pregare è vivere in casa con persone concrete che mi fanno trovare la mia identità.
Vivere in casa significa accogliere il dono, parlare, ascoltare, corrispondere. Allora, per noi cristiani questo “Tu” concreto è speciale, non è generico, ha un Nome, ha un Volto, si chiama Gesù, ma Gesù ci ha fatto sapere che non è solo, ha famiglia, ci ha fatto conoscere che c’è un “Tu” che è il Padre, che c’è un “Tu” che è soltanto Amore. Così per ogni cristiano la preghiera è entrare nella casa della Trinità, è stabilire la relazione con tutti e tre, perché sono tre Persone distinte quanto sono uno. Quando ci rivolgiamo a Gesù sente il Padre e anche lo Spirito Santo, perciò la preghiera è stabilire una vera relazione con Gesù. Il passaggio per entrare e parlare con Dio è lo Spirito Santo e solo lo Spirito Santo ci permette di entrare in connessione con Gesù e con il Padre; è solo lo Spirito Santo che mi mette in relazione con il Padre e il Figlio, perché Lui è la relazione. È lo Spirito Santo che dà la possibilità a ogni uomo di entrare in connessione con il Padre e con Gesù.
Grazie allo Spirito Santo io posso dire: “Padre”. Provate, dopo la Comunione, dove siete uniti strettamente a Gesù, a dire Padre. Chi è che lo dice in quel momento? E’ Gesù, perché nella Comunione voi diventate Gesù, siete voi Gesù, siete una sola cosa. Provate e farete un’esperienza molto profonda, perché sentirete che è Gesù in voi che dice “Padre” e questo lo dice nello Spirito Santo. Allora è importante sapere che con la preghiera ci si rivolge a una Persona, Dio Padre, Persona, Dio Figlio, Persona; è con la preghiera che diventiamo noi stessi, si, ho la coscienza che nella preghiera prendo contatto con un Padre. Ecco, allora, è importante stare in casa con i Tre e allora scopriremo anche noi da dove veniamo e dove siamo destinati, perché stando in casa con i Tre capisco la mia dignità, capisco da dove sono venuto e dove sto andando. Noi siamo destinati a tornare a casa, perciò la preghiera è tenere pulito questo sentiero di casa. Alla luce di questo, pensiamo quanto è prezioso l’uso del segno della Croce: “Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, e così entro in casa. Questi sono i miei Tre e io sono unico per loro: ”Tu sei prezioso ai miei occhi”. Allora, quanto pregare? Se la preghiera è fatta di formule, guardiamo la quantità; se però la preghiera è avere un “Tu” ed è incontrarsi con questo “Tu”, che è Padre, Figlio e Spirito Santo, se è lasciarsi amare da questo “Tu”, amarLo, adorarLo, chiedere con fiducia a questo “Tu”…, se la preghiera è questa, è logico che non esiste una quantità di preghiera, ma si è chiamati a pregare sempre.
Facciamo chiarezza: è come un figlio che abita con il papà e si chiedesse: “Quante parole devo dire oggi con il mio papà?”. Esiste una quantità di parole da dirsi tra marito e moglie? Credo di no. Vediamo Lc.18: la necessità di pregare sempre. La vedova inopportuna: la Volontà di Dio è che stiamo sempre lieti e che preghiamo sempre. Quando ami non dimentichi mai la persona che ami, anche quando lavori: questa è la preghiera continua e ci sentiremo dire: “Tu sei prezioso/a ai miei occhi”. È commovente. Quando diciamo a una persona: “Ti amo”, è inevitabile che facciamo un cammino insieme, così è con Dio: se ci lasciamo amare, è inevitabile che facciamo la Sua Volontà. È l’intimità da costruire con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo che è persona viva e presente ed è in noi e con noi come il nostro respiro. Così ci accorgiamo che il nostro quanto pregare, che è sempre, si traduce meglio se mi chiedo: come pregare! Io devo capire che devo tenere un rapporto stabile con il Padre e allora mi devo preoccupare come tenerlo questo rapporto. Se c’è vero amore con Gesù, si è sempre e in costante relazione con Lui. La nostra preghiera è tenere nel cuore questa relazione con Lui, chiedere consiglio a Lui, condividere le nostre giornate con Lui: questo è pregare sempre. Una coppia mi ha detto: “Pregare come coppia è aprire il cuore all’intimità con Gesù, entrare nella stanza nuziale interiore con Lui e lasciarsi amare da Lui”. Questa coppia mi ha commosso: chi dice queste cose non sono persone speciali, no, sono persone che hanno scoperto la grandezza dell’amore di Dio e a leggere gli avvenimenti alla luce di Dio. La preghiera porta a una maggiore unità di coppia: pregare insieme è indispensabile per poter vivere e conoscere la propria identità di coppia: le coppie che vivono così portano impresso il sigillo dell’Amore Trinitario. Pregare come coppia significa essere collegati con la fonte del proprio essere e operare: non è dare un po’ di tempo a Dio per farlo contento, no, ma pregare è mettersi in collegamento con la fonte dalla quale la realtà di coppia è scaturita; nello stesso tempo è vivere uniti a Gesù, il Quale, con il Sacramento del Matrimonio, hanno accolto nella loro vita. Allora è impensabile che i due sposi vivano non in relazione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Pregare con i figli è condividere e donare a loro le cose migliori ed essere collegati con tanti fratelli per formare la grande famiglia. Pregare con i figli è lasciare loro una eredità di figli, alla quale si sentano amati da un Amore Eterno che supera quello del papà e della mamma; ancora, pregare è aprirci alla vita e vanno fissati dei tempi di preghiera, degli appuntamenti come si hanno degli appuntamenti in famiglia. Guardiamo la famiglia di Nazareth: la loro vita era preghiera.
Domanda: è possibile vivere senza preghiera?